lunedì 21 giugno 2010

6月3日 ・ Scendendo dal Koyasan

La colazione all'ostello è servita alle sette e mezza, sono pronta un po' prima ma aspetto volentieri, fare una bella colazione è sempre importante, oggi come non mai, e comunque il monaco mi aveva consigliato di non partire troppo presto.
Passo l'ultima volta dal Danjogaran...
...oltrepasso il Daimon e alle 8.25 comincio la discesa.
Non prima di essermi bardata col campanellino anti-orsi.
Il sentiero è detto degli stupa perché ogni 109 metri circa si incontra uno di questi segnavia, in realtà si chiamano Gorinto e in tutto sono 180 fino al tempio a fondovalle. Rappresentano, dal basso verso l'alto, terra, acqua, fuoco, vento e spazio.






Il manifesto della protezione antincendi.

Sto attraversando un bosco meraviglioso, questi alberi sono enormi.










Scendendo di quota il paesaggio comincia a cambiare, qui sono due ore e mezza che cammino.





Ogni 2 ore o anche meno di strada, trovo una carta che mi fa vedere a che punto sono, molto utile!
A mezzogiorno e qualcosa esco fuori dal bosco in una valle coltivata a risaie.

E poi si rientra nel bosco. Non è proprio tutta discesa (fortunatamente per le gambe!), è più un saliscendi che tende a diminuire di quota poco per volta.

Un quarto all'una mi fermo qui a mangiare, ci sono delle panchine e dei tavoli sotto una tettoia (ed ho superato un altro di quegli odiosi campi da golf, anche qui sono arrivati, da non credere!)
Ho quattro onigiri di due tipi, ma tutti al salmone. Quello tradizionale con l'alga è più buono dell'altro. Ho anche un biscotto a forma di uccellino con l'occhio di cioccolata che avevamo trovato in camera nel tempio l'altra sera (ed è pure buono).
Ora la discesa comincia a farsi più decisa.



Dalle due in poi non fotografo più. Scendendo di quota, adesso è caldo, in più la discesa adesso è molto pronunciata e pesa parecchio sulle gambe, e poi uscita da questo bosco non sono più all'ombra, l'ultimo tratto è fra frutteti di cachi, che devono essere bellissimi d'autunno.
Insomma, l'ultima ora di cammino è la più dura.

Arrivo al tempio Jisonin di Kudoyama alle 3. Un simpatico signore sulla settantina, che parla con l'accento del Kansai e quindi non è facilissimo da capire, mi ha accompagnata l'ultimo pezzetto di strada, ero indecisa ad un incrocio, è meravigliato che una straniera gli parli in giapponese e conosca questo posto... Mi dice che vuole farlo anche lui il pellegrinaggio fino al Koyasan, e poi che gli piacerebbe venire in Italia.

La pagoda purtroppo è in restauro.
Sono stravolta e sto colando di sudore, mi fermo un po' all'ombra del tempio prima di visitarlo.
Trovo questo altare a cui sono stati appesi dei seni di stoffa cuciti a mano, lì per lì penso subito a donne che hanno avuto un'operazione, e la cosa mi turba tantissimo, in seguito da qualche parte ho letto che lo fanno anche per avere il latte, chissà.
Anche il signore che mi ha accompagnata qui si è fermato a pregare qui davanti.

E' in questo momento che esce un monaco dal tempio e mi chiede se sono francese.
No, italiana, rispondo. Aspetta un momento, mi dice, ti porto il té.
Nel tempo che io resto lì a chiedermi se ho capito bene, eccolo che torna con un té verde freddo e un mochi, un dolcino ripieno di fagioli rossi, avvolto in una foglia (che ho conservato in un quaderno).
In qualche maniera lo ringrazio, sono grata e commossa, e mi sembra la cosa più buona e dolce che abbia mai mangiato.
Quando ho finito torno a ringraziarlo, mi sento di nuovo benissimo.

Lascio questo tempio con una bellissima sensazione.
Ho ancora un paio di chilometri o giù di lì da fare prima della stazione, è caldo e ormai sono in pianura, ma non mi fa più fatica.

I tombini di Kudoyama ovviamente hanno un tema di cachi.

Sono ormai davanti alla stazione, i cartelli indicano la strada per il Koyasan, a 22 km da qui...

Da un punto di vista oggettivo sono in uno stato pietoso, vorrei darmi una rinfrescata in bagno e cambiarmi almeno la maglietta, ma la stazione è molto piccola e quel bagno non si presta proprio.
Così la prima ora di treno la faccio in stato "selvaggio".
Poi quando cambio treno, riesco finalmente anche a ritornare un po' presentabile e a telefonare a Kayoko per tranquillizzarla, che va tutto bene.

Sto tornando verso Kyoto, passando per Osaka, che vedo solo dal treno, non ho proprio neanche la voglia di scendere e di affrontare un'altra metropoli dopo essere stata nei posti dove sono stata.

A Kyoto ho un paio di ore da aspettare prima del mio autobus, ma memore di quanto ci vuole per spostarsi in questa città (e poi sono comunque le sette passate, e quindi i luoghi da vedere sono tutti chiusi), me ne sto nella stazione. La stazione di Kyoto è modernissima, un palazzone di vari piani fatto a scale, piuttosto brutto, pieno di negozi, sulla terrazza all'ultimo piano c'è una specie di giardino artificiale, niente di speciale ma cercavo un posto per mangiarmi l'ultimo onigiri. Me ne vado quando mi rendo conto che sono rimaste solo le coppiette.

Mi metto nella stazione degli autobus ad aspettare, dentro c'è un forno francese molto popolare, dal nome di "Donne-nous notre pain quotidien".
Mi prendo un paio di panini, uno al formaggio, e uno con i fagioli verdi dolci, perché domattina non so a che ora riuscirò a fare colazione. Con mia grande sorpresa non sono niente male...

Mentre aspetto l'autobus arriva una coppia che parla italiano, sono troppo stanca per socializzare, si chiedono quale sarà quello giusto ma me lo sto chiedendo anch'io, e per il momento non c'è nessuno a cui chiedere.
Quando arriva il signore che annuncia le partenze, vado a chiedere informazioni, ho già intenzione di dargli una mano ma lui mi anticipa "Excuse-me, is this the bus for Hiroshima?" (con accento romanesco) "No, è il prossimo." "Ma tu sei italianissima!".

Allora scambiamo due parole, sono in viaggio di nozze, e sono stati a Kyoto tre giorni.
"E quanti templi avete visto?" domando io. "Dunque, quello e poi quello e poi quello...", per un totale di tre. Posso solo solo ringraziare Kayoko!

Dopo poco arriva l'autobus per Hiroshima, gli spiego come mai sono distrutta e mi metto giù a cuccia, raccomandandogli comunque di cercarmi se hanno bisogno di aiuto.

A un certo punto viene lui a chiedermi se spegneranno mai le luci, certo, quando avranno finito di fare le fermate per raccattare gente, e prima che ciò succeda, io sto già dormendo...
_

1 commento:

Ila ha detto...

Susiiiiii!!!
Ma che meravigliaaaaaa!!!!
Non sai quanto avrei voluto far con te quella incredibile "passeggiata"!

Io son appena tornata da Sàrmede, e tra poco ci torno.

Ti abbraccio forte

Ila

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